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Le colpe dell'OMS durante la pandemia


Il presidente americano Donald Trump ha recentemente dichiarato che intende interrompere i finanziamenti all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) perché ha fallito nel suo dovere di base nella risposta al Covid-19 e si è schierata in favore della Cina. Essendo gli USA il più grande contributore all’OMS, con circa 400 milioni di dollari di finanziamenti all’anno, se Trump mettesse in atto la sua minaccia l’organizzazione subirebbe un colpo durissimo.


Ma cos'è l'OMS e cosa fa?


L’OMS è l'agenzia delle Nazioni Unite che dal 1948 ha una funzione di vigilanza sanitaria globale, volta a garantire "il massimo livello di salute raggiungibile per tutte le persone". Negli ultimi anni ha supervisionato la risposta globale a sei emergenze sanitarie internazionali, tra cui l'epidemia di Ebola nel 2014 e l'epidemia di Zika nel 2016.


Durante le epidemie, l’OMS:

- decide quando emettere un "allarme globale" e dichiarare una pandemia

- stabilisce piani di ricerca e sviluppo in tutto il mondo per trovare nuove cure e vaccini

- invia esperti negli epicentri della malattia al fine di raccogliere dati.


Essendo un organo di sola consulenza, l’OMS formula raccomandazioni su cosa fare per migliorare la salute dei cittadini e prevenire l'insorgenza e/o la diffusione di malattie, ma non può obbligare gli stati ad applicare tali raccomandazioni.


L'OMS ha gestito male la pandemia di Covid-19?


Se lo si chiede a Donald Trump, la risposta è sicuramente sì.

Trump accusa l'OMS di aver elogiato la risposta della Cina quando le autorità cinesi hanno inizialmente messo a tacere le preoccupazioni dei primi medici che si accorsero di alcune polmoniti sospette a Wuhan. Varie ricostruzioni hanno smentito la versione di Trump e ridimensionato le colpe dell’OMS, che tuttavia, secondo il parere di alcuni esperti, ci sono comunque state. Un’analisi più approfondita della cronologia dei provvedimenti dell’OMS e delle conseguenti misure prese dai singoli stati, ad ogni modo, suggerisce che i ritardi nella risposta al Covid-19 siano da attribuire anche ai singoli governi.


Lo scoppio dell’epidemia a dicembre e l’allarme di Taiwan


Dopo lo scoppio dell’epidemia a Wuhan, alcuni medici a Taiwan furono informati da alcuni colleghi della città dell’ Hubei che il personale medico a contatto con i pazienti con polmoniti sospette si stava ammalando - un chiaro segno di trasmissione da uomo a uomo. I funzionari di Taipei dichiarano di averlo riferito sia all’International Health Regulations (IHR), un quadro dell'OMS per lo scambio di dati sulla prevenzione e risposta alle epidemie tra 196 paesi, sia alle autorità sanitarie cinesi il 31 dicembre. Taiwan non è un membro dell’Oms a causa del veto esercitato dalla Cina, ragion per cui il suo avvertimento all’OMS non fu condiviso con altri paesi.

L'OMS non fu in grado di ottenere subito informazioni di prima mano per studiare e giudicare se fosse avvenuta la trasmissione da uomo a uomo di Covid-19. Questo ha portato a un annuncio tardivo delle modalità di trasmissione, perdendo l'opportunità di innalzare il livello di allerta sia in Cina che nel resto del mondo.

Mentre la comunità internazionale ancora contava sulle informazioni provenienti dalla Cina, secondo cui non c’erano prove di trasmissione da uomo a uomo, Taiwan stava già azionando un piano anti-Covid-19 basato sul distanziamento sociale, sull’obbligo di quarantena per gli stranieri appena entrati nel Paese, sulla produzione massiccia di mascherine e su un sistema di controllo che usa i dati delle compagnie telefoniche per allertare polizia e sanitari nel caso in cui una persona in quarantena rompa l’isolamento. La pronta risposta del governo dell’isola ha fatto sì che ad oggi Taiwan conti solo 429 casi totali e 6 morti.


Gli sviluppi di gennaio


L’OMS si trovava nella difficile posizione di dover chiedere collaborazione alla Cina, il cui comportamento nelle prime settimane dell’epidemia sembrava più volto a contenere i danni economici che a condividere informazioni con la comunità scientifica internazionale.

Il 12 gennaio la Cina condivise con l’OMS la sequenza genetica del virus, e pochi giorni dopo l’organizzazione propose di inviare una squadra nel paese per investigarlo, proposta che Pechino però rifiutò. L’OMS, data la sua natura di organo di consulenza, non poteva imporsi in questa situazione, ma secondo alcuni avrebbe potuto fare ulteriori pressioni per verificare la situazione sul campo.


Il 14 gennaio l’OMS condivise in un tweet che le prime indagini delle autorità cinesi non avevano trovato prove certe della trasmissione da persona a persona del Coronavirus. Il tweet diceva una cosa vera solo ufficialmente, in quanto si sospetta che il governo cinese fosse già a conoscenza della trasmissibilità del virus tra gli esseri umani, ma le indagini ufficiali cinesi continuavano a negarlo pubblicamente.

Il ministero della salute cinese confermò la trasmissione del virus da uomo a uomo solo il 20 gennaio, quando Zhong Nanshan, famoso epidemiologo che aveva coordinato la risposta all’epidemia di SARS nel 2002, dichiarò in TV che le autorità locali di Wuhan avevano nascosto la gravità dell’epidemia, che il virus era altamente contagioso e che tutti dovevano evitare Wuhan.


Il 23 gennaio, con 581 casi di contagio confermati in Cina, Pechino impose la quarantena a Wuhan e ad altre città nella provincia dello Hubei. Lo stesso giorno, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus affermò che non c’erano ancora prove di una rilevante diffusione del virus fuori dalla Cina, nonostante fossero già stati rilevati alcuni casi in Giappone, Corea del Sud e Thailandia. «Non fraintendetemi: è un’emergenza in Cina, ma non lo è ancora diventata a livello globale. Ma potrebbe diventarlo ». disse Tedros.

Il 28 gennaio Tedros volò in Cina per incontrare il presidente Xi Jinping, che lodò pubblicamente la gestione cinese dell’epidemia. L’OMS avrebbe anche potuto condannare la risposta della Cina al Coronavirus, ma ciò avrebbe probabilmente ostacolato la risposta globale alla pandemia, dato che, sotto accusa, la Cina sarebbe stata molto più riluttante a condividere informazioni sul nuovo Coronavirus. Peraltro, negli stessi giorni anche Trump si congratulò con la Cina per le sue misure di contenimento.

Il 30 gennaio l’OMS dichiarò il Covid-19 un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale.


Le contraddizioni di febbraio


Il 4 febbraio, dopo che l’Italia e gli Stati Uniti presero la decisione, rispettivamente, di chiudere e limitare fortemente i voli diretti da e per la Cina, Tedros dichiarò che misure che interferiscono inutilmente con i viaggi e gli scambi internazionali non erano necessarie nel tentativo di arrestare la diffusione del Coronavirus. "Chiediamo a tutti i paesi di prendere decisioni basate su evidenza scientifica e coerenti", disse allora Tedros al consiglio esecutivo dell'OMS.

Effettivamente, come sottolinea il Post, raggiungere l’Italia dalla Cina continuava a essere possibile con un semplice scalo, peraltro complicando gli eventuali sforzi per identificare gli ingressi a rischio.


L’OMS non criticò esplicitamente le decisioni dei paesi che bloccarono i voli, e non tutti gli esperti concordano sul fatto che indicazioni diverse avrebbero frenato il diffondersi del virus, ma alcuni sostengono che se l’OMS avesse raccomandato la chiusura dei voli dalla Cina l’epidemia forse sarebbe stata contenuta meglio.

«Il messaggio dell’OMS che no, non bisognava andare nel panico, che i viaggi potevano continuare e i confini potevano restare aperti, e il sostegno al governo cinese, è stato contraddittorio», ha detto al Wall Street Journal Kelley Lee, una collaboratrice dell’OMS e autrice di un libro sull’organizzazione.


Che colpa ha l’OMS?


Secondo il New York Times: «Il modo indulgente di raccontarla è che l’OMS non aveva i mezzi per verificare quanto stesse accadendo sul campo. Il modo meno indulgente è che l’OMS non ha fatto abbastanza per verificare quello che diceva la Cina, e ha preso per buona la sua versione».

Le parole di apprezzamento di Tedros alla Cina sono state interpretate da molti come un tentativo diplomatico di ottenerne la necessaria collaborazione: fino a metà febbraio, infatti, l’OMS non riuscì a convincere la Cina a consentire l’ingresso nel paese a una squadra di esperti per studiare la situazione. Il rifiuto di un alto funzionario dell’organizzazione di commentare, durante un’intervista, la risposta di Taiwan al virus, ha però attirato verso l’OMS molte accuse di essere politicamente influenzata dalla Cina.



La maggior parte delle critiche ricevute dall’OMS, in ogni caso, si riferiscono al ritardo nel dichiarare l’emergenza internazionale (il 30 gennaio) e la pandemia (l’11 marzo, quando già 114 paesi erano stati colpiti), e al fatto di aver creato confusione sull’uso delle mascherine. Il tempismo di queste dichiarazioni può fare la differenza tra la vita e la morte di migliaia di persone e sul collasso di interi ospedali, ma molti esperti non sono convinti che sia questo il caso per il Covid-19.


Come sottolinea Il Post, fin dal 22 gennaio, due giorni dopo che la Cina ammise la gravità dell’emergenza, Tedros cominciò a tenere conferenze stampa quasi quotidiane ribadendo costantemente la necessità che gli stati prendessero seriamente l’epidemia e ricorressero alle misure necessarie per anticipare i pericoli, preparandosi allo scenario peggiore. Il Guardian scrive che le videoconferenze tra funzionari governativi internazionali – compresi quelli statunitensi – e l’OMS cominciarono il 7 gennaio, e dal 10 gennaio contennero avvertimenti sul rischio di trasmissione del virus tra persone.


Sul New York Times, l’esperto di epidemie Donald G. McNeil Jr. ha scritto che «pur con informazioni a disposizioni limitate e in continua evoluzione, l’OMS ha mostrato una precoce e persistente determinazione a trattare il nuovo contagio come la minaccia che sarebbe diventata, e a convincere gli altri a fare lo stesso». La lungimiranza e la velocità dimostrata dall’OMS, secondo McNeil, sono state maggiori di quelle dei governi nazionali: «anche se ha fatto errori, ci sono poche prove che l’OMS sia responsabile dei disastri avvenuti in Europa e poi negli Stati Uniti».


I ritardi dei governi


Molti esperti sostengono che Trump abbia tentato semplicemente di scaricare la colpa della mancata preparazione degli Stati Uniti al Coronavirus sull’OMS. Già a gennaio il consigliere di Trump Peter Navarro lo avvertì che il virus avrebbe potuto provocare 500.000 morti nel paese, eppure Trump ancora a fine febbraio sosteneva che il virus sarebbe scomparso da solo. Per un mese dopo la dichiarazione dell’emergenza internazionale, Trump ha continuato a minimizzare i rischi del Covid-19, accumulando grande ritardo negli approvvigionamenti di dispositivi di protezione sanitaria, strumentazioni diagnostiche e posti letto nei reparti di terapia intensiva.

Quando l’11 marzo l’OMS dichiarò la pandemia, ricorse a una soluzione più che altro formale: ancora in quell’occasione Tedros disse che era una misura necessaria perché molti paesi non stavano prendendo abbastanza seriamente l’epidemia.


Quale impatto potrebbe avere il taglio di fondi americani all’OMS?


Con oltre 400 milioni di dollari donati nel 2019, gli Stati Uniti sono il più grande donatore dell'OMS. Le accuse del presidente americano all’organizzazione di essersi schierata a favore della Cina e di non aver svolto il suo dovere correttamente durante la pandemia attuale potrebbero avere gravi conseguenze, in quanto il taglio dei fondi USA all’OMS ridurrebbe il budget dell’organizzazione di circa il 20%.

Per affrontare la pandemia, logicamente, l'OMS ha bisogno di più risorse, non di meno. "Stiamo affrontando la più grande sfida della nostra vita. Nessun'altra organizzazione può fare quello che fa l’OMS. Questo è un momento di solidarietà, non di divisione" ha affermato Jeremy Farrar, direttore del Wellcome Trust del Regno Unito, un’organizzazione benefica affiliata all’OMS.


A marzo l'OMS ha lanciato un appello per raccogliere 675 milioni di dollari per rispondere all’emergenza Covid-19, e si dice che stia pianificando un nuovo appello per un miliardo. Il ritiro di fondi USA all’OMS limiterebbe la capacità globale di combattere non solo il coronavirus, ma anche la malaria, la tubercolosi, la poliomielite e tante altre malattie. Senza l’OMS, o con un’OMS indebolita, potremmo vedere la rinascita di tutti i tipi di malattie che pensavamo di aver eradicato.


È vero, Trump politicizza la vicenda perché gli Stati Uniti sono in grave difficoltà. Ma è altrettanto vero che l’influenza della Cina sull’OMS è un tema che dovrà essere affrontato in futuro. Una cosa è certa: quando avremo superato questa emergenza, dovremo fare un’analisi approfondita di tutti gli errori che hanno portato a questa tragedia. L’OMS non potrà sfuggire alle sue responsabilità, ma nemmeno Donald Trump.


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