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Parliamo di bias cognitivi

Aggiornamento: 21 apr 2020

Oggi vorremmo parlarvi di qualcosa che vi possa aiutare a capire meglio come si formano le opinioni di chi vi sta intorno. Ma anche a capire voi stessi. Parliamo quindi di bias cognitivi


Per comprendere cosa sono, dobbiamo prima tenere a mente una cosa: ogni istante della nostra vita siamo obbligati a prendere delle decisioni. Come mi alzo dal letto? Come mi lavo i denti? Come preparo il caffè? Per non farci impazzire e risparmiare le energie per le decisioni più utili, il nostro cervello impara a fare dei ragionamenti “standard” che applica ogniqualvolta si presentino situazioni simili. Queste “scorciatoie” create dal cervello ci sono di grandissimo aiuto nella vita quotidiana (immaginate se dovessimo decidere ogni mattina qual è il modo migliore di lavarsi i denti) ma in molte situazioni più complesse ci impediscono di avere una visione razionale delle cose intorno a noi.  


I bias cognitivi nascono da queste esigenze di semplificazione della realtà, e sono degli schemi di deviazione del giudizio dovuti a dei presupposti che ci portano a errori di valutazione e mancanza di oggettività di giudizio. Ma vediamone alcuni per capire come funzionano nella pratica. 


Iniziamo con il bias di conferma, sintetizzabile nella frase “vedi che è come dico io?”.  Questo è un errore cognitivo che ci porta, quando acquisiamo nuove informazioni, ad attribuire maggiore credibilità a quelle che confermano la nostra opinione iniziale, facendoci ignorare o sminuire quelle che la contraddicono. Insomma, crediamo solo alle informazioni che ci danno ragione, mentre le altre ci sembrano sempre poco rilevanti. Se vi siete mai chiesti come sia possibile che ci siano delle persone che non credono alle più comprovate verità dei nostri tempi (come i terrapiattisti o i negazionisti del cambiamento climatico) be’ ora sapete che sono vittime del bias di conferma, che li porta a considerare false tutte le evidenze scientifiche contro alla propria tesi. 


Procediamo con l’effetto galatea, che si verifica quando le persone riescono a fare una cosa solo perché sono convinte di potercela fare (o viceversa). 


Questo significa che parte della nostra probabilità di raggiungere un obiettivo dipende dalla dalle nostre convinzioni e dalla nostra sicurezza. Lo sanno gli sportivi di alto livello, che si allenano anche da un punto di vista mentale a visualizzare e a credere profondamente nel proprio successo futuro. Questo purtroppo è valido anche al contrario: ecco perché gli studenti da cui non ci si aspetta buoni risultati tendono ad andare sempre male, confermano l’ipotesi che si sentono proiettati addosso e di cui si autoconvincono. 


Fun fact: questo bias prende il nome dal mito di Pigmalione e Galatea che narra che il re di Creta, Pigmalione, cercasse la donna ideale. Poiché non la trovava da nessuna parte, decise di realizzare una scultura che avesse tutte le caratteristiche che cercava. La sua opera, a cui diede il nome di Galatea, risultò talmente perfetta che finì per innamorarsene perdutamente. 


Un altro bias interessante è l’effetto alone: la tendenza di attribuire caratteristiche positive o negative a una persona solo poiché ne possiede una positiva o negativa in un altro campo.


Tipicamente, tutto parte dall’aspetto fisico: a una persona bella si tende spesso ad attribuire altre caratteristiche positive come l’intelligenza, la bontà e la calma. Non a caso, ai cattivi nei film sono quasi sempre associate carattere fisiche negative, mentre gli eroi e i buoni sono sempre belli. Chi ha fatto il liceo classico saprà bene che per gli antichi greci era molto importante il principio del “kalòs kaì agathos”: l’eroe deve sempre essere bello esteticamente oltre che virtuoso moralmente. 


Un effetto di questo bias nella vita reale? Alcuni studi hanno dimostrato che le persone di bell’aspetto ottengono voti migliori a scuola. 

 

L’ancoraggio invece è la propensione a prendere decisioni basandosi sulle prime informazioni trovate: prima di dare un giudizio su qualcosa, gli individui cominciano da un punto di riferimenti implicito (l'ancora) e vi fanno aggiustamenti per raggiungere la propria valutazione. Per esempio, se stiamo contrattando il prezzo di una macchina, tenderemo a considerare giusto un prezzo che si aggira intorno al primo prezzo che ci viene proposto, anche se razionalmente potrebbe non essere ragionevole. 



Concludiamo questa lista con l’apofenia, ossia la tendenza umana a percepire pattern significativi tra dati casuali. 


Cosa vuol dire?


Che siamo naturalmente portati a dare un senso al caso. Questo bias infatti ci aiuta a sopportare i caos che caratterizza la vita umana. Proprio per questo, si manifesta di più nelle situazioni di maggiore incertezza.


Per esempio, quando si gioca d’azzardo, si tende a puntare sempre più forte su uno dei due colori dopo che, per più mani, è uscito sempre l’altro: se infatti per numerosi lanci di pallina consecutivi è uscito rosso, il nostro cervello ci suggerirà che le probabilità che esca nero al tiro successivo siano aumentate, perché collega le precedenti mani con quella sulla quale state per puntare. Ma si tratta di una correlazione errata, poiché dal punto di vista statistico e probabilistico ogni tiro di pallina è assolutamente indipendente dai precedenti, e pertanto ogni volta che la pallina gira intorno alla roulette le probabilità che esca nero (o rosso) sono sempre del 50%. 


Un altro esempio? Il complottismo è una conseguenza naturale dell’apofenia: chi sostiene le teorie del complotto, trova un nesso causale tra più avvenimenti anche quando l’opinione pubblica e la comunità scientifica sostengono il contrario. Avete notato che proprio in questi giorni di pandemia, in cui “incertezza” è la parola d’ordine, continuano a diffondersi queste teorie complottistiche? Si tratta di una reazione istintiva della natura umana. Facciamo fatica ad accettare di essere in balìa del caso (perché non si conosce ancora il virus, non si sa con certezza quando sia nato e perché è bastato così poco per stravolgere la nostra quotidianità). Molte persone, invece di accettare l’inevitabile imprevedibilità delle situazioni di questo tipo, preferiscono pensare che sia stato tutto organizzato a tavolino dai grandi poteri mondiali che tramano alle nostre spalle. Diabolico, ma rassicurante. 

Questi sono soltanto alcuni dei bias cognitivi a cui siamo soggetti quotidianamente. Per non caderne vittima e rimanere razionali, l’importante è saperli riconoscere!

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