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Il declino elettorale di Trump

Aggiornamento: 1 ago 2020

Rally ‘round the flag effect


In questo periodo di crisi sanitaria, a livello globale si è verificato un aumento dell’indice di gradimento di numerosi leader politici. Non è una casualità che in una fase delicata e complicata come quella di una pandemia, vi sia un maggiore apprezzamento dei capi di Stato da parte dei cittadini.


Negli anni ’70 uno studioso di nome John Muller definì questo fenomeno “rally ‘round the flag effect”, che tradotto letteralmente significa “l’effetto di stringersi attorno alla bandiera”. Questo avviene perché, in momenti di particolare drammaticità e instabilità, le persone tendono ad affidarsi a figure autorevoli che siano in grado di unire la nazione nel mezzo delle avversità. Ed è proprio quello che è accaduto durante questo periodo di crisi globale: il forte sentimento di incertezza dovuto alla dichiarazione di stato di emergenza da parte di molte nazioni ha inevitabilmente portato i cittadini ad affidarsi ciecamente ai propri capi di Stato, considerati come unici punti di riferimento per uscire illesi da questa drammatica situazione.


In tutta Europa i leader politici hanno registrato un aumento del proprio indice di gradimento a inizio pandemia: dal nostro premier Conte, che ha raggiunto un picco di consensi già dalle prime settimane dell’emergenza, fino ad arrivare a Boris Johnson che, nonostante un primo momento di sottovalutazione del problema, è riuscito comunque a crescere di diversi punti percentuali.


Gli esperti dicono che gli elettori tendono a radunarsi attorno ai loro leader in tempi di crisi e a rivolgersi a loro durante le recessioni economiche. La pandemia di coronavirus rientra in entrambe le categorie e questi comportamenti sono ben visibili negli indici di approvazione di tutto il mondo. E mentre le fasi più acute della crisi diminuiscono, gli effetti economici permangono: per questo ci sarà di sicuro un impatto a lungo termine sull’indice di gradimento politico.

Il caso americano

In questo senso, particolare attenzione viene posta sul grado di approvazione del Presidente degli Stati Uniti, che a novembre 2020 dovrebbe affrontare le elezioni presidenziali.

Come è accaduto per i leader europei, anche Trump agli albori della crisi ha registrato un aumento del suo indice di gradimento, che ha raggiunto il livello più alto di tutto il suo mandato (circa il 45%). Alcune sue decisioni nell’affrontare la pandemia, come ad esempio la scelta di inviare una nave ospedale alle coste di Manhattan, hanno sicuramente contribuito ad accrescere la sua popolarità. Senza dubbio, si è rivelata particolarmente positiva anche la sua capacità di mettere d’accordo entrambi i partiti politici per far approvare il piano di stimolo dell’economia più sostanzioso della storia (pari a 2 mila miliardi di dollari).

Tuttavia, nel caso di Trump gli effetti scaturiti dal “rally ‘round the flag” hanno avuto breve durata: il Presidente, in pochissimo tempo, è passato dal paragonare il Covid-19 ad una banale influenza al definirsi un “Presidente in tempo di guerra”, andando così a minare la sua credibilità. Non sono mancate accuse all’Oms per aver diffuso dati falsi riguardo la letalità del virus, denigrazioni degli allarmisti, accuse agli avversari politici di diffondere fake news…

Una volta compresa appieno la gravità della situazione, Trump è dovuto tornare sui suoi passi e ammettere che gli Stati Uniti stavano vivendo una situazione di emergenza unica, con migliaia di morti settimana dopo settimana. Ma, ancora una volta, la colpa non era del virus in sé, bensì della Cina: secondo Trump, il governo cinese è da considerarsi il principale responsabile per la diffusione del virus, vista la scarsa rapidità con cui ha reso noti i dati (parziali) sull’epidemia. Il Presidente è arrivato infine ad abbracciare l’idea complottista secondo la quale il nuovo coronavirus fosse stato creato in un laboratorio di Wuhan.

Aumentano gli indecisi in vista delle elezioni

Nel frattempo, l’opinione pubblica americana è sempre più divisa: c’è chi protesta contro le misure di lockdown invocando la libertà individuale e chi, al contrario, preferisce dare priorità alla salute e alla sicurezza sanitaria. In questo contesto, gioca un ruolo fondamentale anche la situazione economica che mostra dati preoccupanti, soprattutto per quanto riguarda la disoccupazione. Il tutto si aggrava se si pensa al fatto che, non esistendo un sistema sanitario nazionale negli Stati Uniti, tra i 25 e i 43 milioni di americani oltre al loro lavoro perderebbero anche l’assistenza sanitaria.


Il Presidente si è dimostrato molto sensibile ai temi economici, tanto da dare maggiore priorità alla ripresa economica a discapito delle misure di contenimento del virus. In alcuni degli Stati che per primi hanno allentato le regole sull’isolamento, infatti, la curva del contagio non sembra migliorare e questo dato non è passato inosservato al candidato democratico Joe Biden, che ha criticato Trump per aver sminuito la minaccia e non aver dato ascolto agli esperti. Anche l’ex Presidente Obama si è dichiarato deluso dalla gestione dell’emergenza coronavirus, affermando che “molte persone al comando non sanno quello che fanno”.


Da un sondaggio pubblicato dal Financial Times condotto in collaborazione con la Peter G Peterson Foundation è emerso che il 71% degli americani preferisce l’operato dei governatori dei singoli Stati a quella del Presidente nella gestione dell’emergenza.


Una percentuale di americani che è aumentata durante la pandemia, tuttavia, ritiene che Trump abbia fatto più bene che male all'economia.

D'altro canto aumentano di giorno in giorno gli americani che si dichiarano insoddisfatti sia dalle politiche messe in atto dal Presidente, sia dalla lacunosa strategia del democratico Biden. Come diretta conseguenza, vi è un vertiginoso aumento della percentuale degli indecisi sul voto delle presidenziali.

Durante il mese di aprile, il più critico per la pandemia, i sondaggi hanno evidenziato un aumento del distacco tra Trump e Joe Biden. I dati mostrano anche che Trump sta perdendo terreno tra gli anziani, più vulnerabili ai sintomi più gravi del COVID-19, nonostante questi siano tendenzialmente più conservatori.

Un altro fattore che ha contribuito alla perdita di consensi del Presidente è da ricercarsi nel contenuto dei suoi tweet e nelle numerose conferenze stampa, in cui non sono mancati scambi aggressivi con i giornalisti. Trump è stato ampiamente criticato per aver diffuso e suggerito di utilizzare metodi inusuali per combattere il coronavirus, come ad esempio iniettare disinfettante ai pazienti, e sono state spesso portate alla sua attenzione dai giornalisti le numerose critiche che ha ricevuto riguardo la precoce riapertura economica, che avrebbe messo fortemente a rischio persone clinicamente vulnerabili. Ha inoltre ricevuto molte lamentele per quanto riguarda il carente accesso ai tamponi e ai materiali necessari per eseguire i test.

È evidente che, a causa delle continue e discutibili dichiarazioni su una tragedia così sentita, non solo negli Usa ma a livello mondiale, Trump ha messo a forte rischio il consenso di cui godeva prima della pandemia.

Tentativi di distrazione: Obamagate

Nel pieno della pandemia e nel tentativo di sfuggire alle numerose critiche che gli sono state rivolte, Trump ha cercato di spostare l’attenzione su un altro tema di grande rilevanza: quello che lui stesso definisce “Obamagate”.


Agli inizi di maggio, il Presidente ha cominciato a ritwittare diverse teorie complottiste secondo le quali l’ex Presidente Obama avrebbe organizzato e pianificato un’intera campagna per danneggiarlo durante le elezioni del 2016 e durante tutto il suo mandato. Le accuse rivolte ad Obama si rifanno al processo di Micheal Flynn (primo consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Trump) che era stato incolpato di aver nascosto alcune telefonate con emissari del governo russo e per aver lavorato come lobbista non dichiarato per conto del governo turco. In particolare, si fa riferimento ad un incontro alla Casa Bianca avvenuto poche settimane prima dell’inizio del mandato di Trump, in cui Obama discusse con alcuni dei suoi collaboratori dei tentativi di ingerenza da parte della Russia nella campagna elettorale del 2016 e di alcune telefonate di Flynn con l’Ambasciatore russo. Poco dopo quell’incontro, Flynn venne interrogato dall’FBI e venne conseguentemente licenziato da Trump. Da qui si diffuse l’idea che Flynn fosse vittima di un complotto creato appositamente per danneggiare Trump e la sua amministrazione ma, al momento, non c’è alcuna prova rilevante che possa confermare questa ipotesi. In molti sostengono che l’Obamagate sia solamente un diversivo per distrarre gli elettori dalla carente gestione della pandemia di coronavirus da parte di Trump, mentre la cor

sa alle elezioni di novembre inizia a creare tensioni.

Dalla pandemia globale al razzismo strutturale

Le criticità sull’operato del Presidente statunitense nella lotta al COVID-19 non sono più le uniche a riempire le prime pagine delle più importanti testate giornalistiche. A seguito della morte di George Floyd, dovuta all’uso eccessivo della violenza da parte del poliziotto Derek Chauvin, intatti, in tutti gli Stati Uniti si sono propagate proteste al grido di “Black lives matter”.

Nemmeno i più duri critici di Trump possono ritenerlo responsabile per un virus proveniente da un mercato nella città cinese di Wuhan, né per il conseguente collasso economico globale, né per quattro secoli di schiavitù, segregazione, brutalità della polizia e ingiustizia razziale. Ma possono evidenziare, come stanno facendo, che il Presidente stia contribuendo a peggiorare una situazione già altamente drammatica. Nel loro insieme, questi elementi hanno creato una bomba pronta ad esplodere.

Nel momento in cui le proteste contro l'ingiustizia razziale si sono trasformate in violenti scontri in tutto il territorio statunitense, il Presidente Trump manca di empatia e non si rivolge alla nazione né, tantomeno, tenta di calmare un Paese in lutto, stanco della brutalità della polizia e allo stremo di una pandemia che ha colpito in modo sproporzionato le minoranze.

Mentre i disordini attanagliano ancora dozzine di città, il Presidente si limita a parlare alla nazione con qualche tweet in cui utilizza una retorica poco appropriata e non finalizzata al dialogo, riferendosi ai manifestanti come a "criminali" e "cani viziosi". Il popolo americano attende invano un discorso di conforto, che dovrebbe guarire le ferite, creare un senso di unità e riconoscere il trauma generazionale degli afroamericani. Ma Trump ha scelto una via diversa.


Proteste violente a Los Angeles

Sostenuto dai suoi alleati, Donald Trump è stato criticato negli Stati Uniti e nel mondo per la gestione e l’inadempiente risposta alle crescenti proteste. Nonostante ciò, continua a difendere il suo durissimo approccio nell’affrontare le più grandi crisi nazionali della sua tumultuosa presidenza: ha minacciato di inviare i militari per reprimere le proteste pubbliche, definendosi Presidente “della legge e dell’ordine". Inoltre, questa settimana, in diversi colloqui con i suoi alleati, Trump ha in gran parte rifiutato di fare uno sforzo maggiore nel tentativo di frenare la violenza della polizia.

D’altra parte, l'opinione pubblica sulle proteste è confusa e suggerisce che gli americani hanno pareri contrastanti sui manifestanti e il loro diritto di manifestare. L'uccisione di Floyd è stata condannata da democratici e repubblicani in un raro momento di accordo bipartisan. Tuttavia, i sentimenti riguardo alle proteste negli Stati Uniti - alcuni dei quali hanno portato ad atti di vandalismo, saccheggi e scontri con la polizia - sono stati più divisivi. Infatti, mentre molti democratici hanno espresso sostegno ai manifestanti e cercato di minimizzare l’uso della violenza, alcuni conservatori hanno condannato le proteste definendole come rivolte anarchiche.


Per la maggior parte, i membri del Senato repubblicani hanno appoggiato la risposta del Presidente o hanno cercato di evitare l’argomento, ma non sono mancate alcune notevoli eccezioni a seguito della protesta di Lafayette Park e della rimozione dei manifestanti con l’uso della forza prima della camminata di Trump verso la chiesa di St. John. Diversi senatori, infatti, hanno criticato la decisione del Presidente di visitare la chiesa storica di fronte alla Casa Bianca e posare per una foto con la Bibbia mentre i manifestanti venivano cacciati con la forza dalla zona.

Per di più, ad inasprire gli animi si è aggiunta la dichiarazione di Trump dal Rose Garden della Casa Bianca, secondo la quale il Presidente avrebbe mobilitato i militari se i governatori non fossero stati capaci di "dominare le strade" e non avessero attivato la Guardia Nazionale per fermare le proteste violente. Anche i democratici hanno rimproverato il comportamento del Presidente al Rose Garden e l'uso della forza per fermare le proteste pacifiche vicino alla Casa Bianca. Le parole di Trump e le azioni della polizia a Lafayette Park sono state ampiamente condannate e hanno aperto uno scisma tra i leader statunitensi su come gestire al meglio le proteste, i saccheggi e le violenze che hanno spazzato la nazione.

Il tweet di Trump in cui incoraggiava l'uso della forza per fermare le proteste

Nel frattempo, i democratici alla Camera e al Senato si sono impegnati a presentare una legislazione per vietare l'uso delle prese di forza, per rimuovere le armi e le attrezzature militari e provvedere ad una maggiore supervisione nonché alcune riforme dei dipartimenti di polizia.

Trump sta ora ottenendo valutazioni negative dal 49% degli americani per la sua risposta alle proteste e agli eventi a Minneapolis, secondo l'ultimo sondaggio di CBSNews e YouGov. Solo il 32% approva la gestione della crisi da parte di Trump, secondo l'indagine condotta condotta dal 29 maggio al 1 giugno su oltre 2.000 residenti statunitensi.

Con circa 40 milioni di disoccupati, circa 100mila morti di Covid, disordini razziali e proteste estese in tutto il Paese e la più grande crisi economica della storia del capitalismo, riuscirà Trump a vincere di nuovo le elezioni presidenziali?


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